Si fa presto a dire “facciamolo online”

Con l’accelerazione digitale imposta dal distanziamento sociale, sono diventati ricorrenti termini come webinar, open day virtuale, virtual show room, formazione a distanza, affiancati a proposte di piattaforme di ogni ordine e tipo, pronte a risolvere digitalmente qualsiasi problema fino a ieri ricompreso nel mondo del MICE e della formazione.

In realtà, dietro l’utilizzo di affascinanti anglismi non sempre ci sono strumenti con i quali è possibile trasferire efficacemente eventi o corsi dal reale al virtuale, unendo i vantaggi del web e circoscrivendone i limiti. Sia quelli tecnologici che quelli contenutistici, ad esempio, per un corso ECM, il riconoscimento automatico dei crediti formativi presso gli enti di riferimento.

I colossi della rete propongono strumenti dai motori potenti, ad elevata ottimizzazione, ma poco adattabili a realtà specifiche, mentre i prodotti “sartoriali” non sempre sono sufficientemente prestazionali ed economici.

La soluzione parte da lontano. Da quelle aziende che hanno cominciato a credere e investire nella formazione digitale e nel web marketing molti anni or sono e che oggi hanno accumulato un bagaglio di esperienza, reputazione, certificazioni e accreditamenti presso enti e ministeri, che non si può realizzare nello spazio di un’emergenza.

Communiqué ha consolidato ulteriormente la sua partnership con Intermeeting, una delle aziende italiane diventate, nel corso degli anni, interlocutore chiave per coloro i quali cercano un valore aggiunto nell’organizzazione di corsi, congressi, convegni, progetti digitali innovativi e nello sviluppo di iniziative di formazione a distanza.

La sinergia tra le due aziende consente di completare i progetti digitali con una comunicazione strutturata, di coinvolgere il mondo mediatico e quello istituzionale.

Un’interazione articolata che trae il suo successo dal delicato equilibrio tra le tradizionali relazioni interpersonali e la forza dinamica e innovativa del digitale.

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I vestiti nuovi dell’imperatore

“Il re è nudo!”

A dirlo, nella celebre fiaba di Hans Christian Andersen è un bimbo, con tutta l’innocenza che contraddistingue la sua età.
Una onestà che è semplicemente la schietta reazione dettata dall’evidenza.

Chi bimbo non è più, spesso perde questo nesso diretto e automatico tra evidenza e comunicazione, aprendo la strada a interpretazioni e modalità che vanno dalla canalizzazione prioritaria degli aspetti più funzionali all’obiettivo, lecito e doveroso, fino a deragliare nelle “fake” più spudorate, per nulla lecito.

La forza della comunicazione dipende dalla sua capacità di essere efficace, accattivante, tempestiva ma sempre onesta, soprattutto dipende dalla reputazione di chi la gestisce.

I due tessitori di Andersen hanno architettato un progetto che si può assimilare a certe campagne di comunicazione attuali, la cui attendibilità e consistenza è pari al tessuto prodotto dai bricconi della fiaba: il nulla più assoluto.

E così come per gli abiti dell’imperatore anche una comunicazione basata sul falso può produrre risultati nel breve periodo, ma solo fino a che il primo bimbo di passaggio si metterà a gridare divertito che il re è nudo.